Una frana in un contesto geologico complesso: il caso della frana di Calita (Reggio Emilia)
Data:
17 Dicembre 2025
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha stipulato un accordo con l’Agenzia regionale per la Sicurezza Territoriale e la Protezione Civile della Regione Emilia-Romagna e l’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po per studiare le cause d’innesco ed i cinematismi del movimento franoso di Calita, nei pressi della località di Baiso (Reggio Emilia).
La frana ha un’estensione di oltre 0.9 km quadri ed ha un’estensione longitudinale di circa 3 km. Il tipo di movimento franoso è classificato come “complesso” (dati idroGEO) in quanto è costituito da uno scivolamento roto-traslativo in roccia che evolve come colamento in terra. Quest’ultimo ha raggiunto velocità di picco di 8 metri/giorno, ponendo un serio rischio per la strada ed il Fiume Secchia a valle di esso (Figura 1).

Figura 1 – vista d’insieme della frana
Lo scivolamento si innesca all’interno del Flysch di Monghidoro (MOH, Figura 2) ed interessa, nella sua propagazione, la formazione argillitica del Complesso di Rio Cargnone (MVRd, Figura 2). Al fine di mitigarne il rischio, la frana è stata storicamente oggetto di numerosi interventi quali pozzi drenanti ed opere di sostegno, alcune censite anche nel Repertorio ReNDiS. Nonostante ciò, ulteriori fenomeni parossistici si sono sviluppati nel periodo recente (dal 2016 in poi).

Figura 2 – Sezione geologica dell’area della frana
Ai fini dello studio del fenomeno, ISPRA ha messo a disposizione un ampio spettro di competenze specialistiche: geomorfologiche, geologiche, idrogeologiche, oltre a quelle dei laboratori di meccanica delle terre e delle rocce e sui software avanzati per l’analisi dei dati di monitoraggio e delle condizioni di stabilità del versante. Le attività hanno incluso sopralluoghi di tipo geomorfologico (Figura 3) e geologico (Figura 4). Le analisi dei modelli digitali del terreno, storicamente prodotte per l’area hanno consentito di determinare le aree maggiormente interessate dai movimenti mentre le prove di laboratorio hanno permesso di determinare i parametri geotecnici al fine di valutare la stabilità della frana, date le geometrie, gli spessori coinvolti e le piezometrie desunte dal monitoraggio in-situ.
Riferimenti ISPRA:
Figura 3 – Evidenze di trincee beanti, con apertura di circa 1 m, nella zona di corona dello scivolamento roto-traslativo

Figura 4 – Sopralluoghi geologici per lo studio degli affioramenti nell’area della frana
Ultimo aggiornamento
17 Dicembre 2025, 12:37
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