Il Castello Crociato e le antiche mura di Karak (Giordania): un esempio di tutela e conservazione di Beni Culturali a rischio geologico

Data:
9 Maggio 2025

Il Castello Crociato e le antiche mura di Karak (Giordania): un esempio di tutela e conservazione di Beni Culturali a rischio geologico

Il Castello di Karak, uno dei più importanti monumenti crociati della Giordania, ha subito gravi danni nel tempo a causa di terremoti e instabilità del terreno. A partire dal 2013, ISPRA ha condotto studi per capirne le cause e monitorare le condizioni strutturali. È emersa la necessità di migliorare il drenaggio delle acque e consolidare il versante su cui si trova il castello. Dal 2021 è attivo un piano per la messa in sicurezza e la conservazione dell’intero sito. Le indagini più recenti hanno confermato la fragilità dei materiali usati nella costruzione e la presenza di lineamenti tettonici e aspetti geomorfologici che hanno aggravato le condizioni di stabilità del complesso monumentale.

Tecnologie geofisiche e analisi sismiche stanno guidando gli interventi di restauro in corso.

In particolare, il Castello di Karak è uno dei monumenti più rappresentativi e importanti di architettura crociata in Giordania e in tutto il Medio Oriente.

Ubicato nel cuore dell’antico centro urbano, nel corso dei secoli ha subito una lunga serie di danneggiamenti dovuti a terremoti e deformazioni di versante.

Tra il 2012 e la fine del 2013, la parte orientale del castello è stata interessata progressivamente da danni strutturali che hanno indotto il Dipartimento delle Antichità della Giordania (DOA) a chiudere l’accesso ai visitatori alla corte inferiore ed al museo. Tale decisione veniva presa dal DOA a seguito delle criticità statico-strutturali evidenziate da ISPRA a seguito di sopralluoghi effettuati in sito nel novembre e dicembre 2013 in cui veniva installato anche un sistema di monitoraggio delle principali fratture che hanno interessato diversi elementi strutturali quali volte, archi e pavimentazioni.

Una serie di indagini geologiche, geotecniche e geofisiche, condotte successivamente nel 2014 e 2015 da tecnici locali con la supervisione di ISPRA, hanno sostanzialmente confermato quanto evidenziato dal precedente studio di ISPRA sulle cause che hanno determinato il danneggiamento statico-strutturale del lato ovest del castello, dovuto prevalentemente a fenomeni di deformazione della parte superiore del versante e all’assenza di un efficace sistema di drenaggio delle acque superficiali.

In due successive fasi progettuali (2016-2018) sono stati effettuati interventi di consolidamento del versante ovest e ripristino dell’antico sistema di drenaggio. Nel 2021, uno studio preliminare per la valutazione delle condizioni statico-strutturali e conservative delle mura e delle torri ancora presenti nell’antica cittadella veniva condotto da ISPRA in cooperazione con ACOR (American Centre of Research). Lo studio ha incluso anche un Master Plan per l’avvio di un progetto globale di messa in sicurezza e recupero del patrimonio architettonico crociato della cittadella di Karak.

Analisi geologiche, geotecniche e geofisiche condotte nel 2024 e 2025 hanno evidenziato una serie di criticità che interessano sia aspetti legati alle condizioni geologiche locali sia al degrado fisico-meccanico dei materiali litoidi. Le condizioni di degrado statico-strutturale delle torri e mura sono sostanzialmente dovute agli effetti dei terremoti storici che hanno interessato questa parte del territorio giordano non lontana da un’importante area sismogenetica quale la faglia trasforme del Mar Morto.

L’utilizzo di blocchi calcarei utilizzati nella costruzione delle strutture, con presenza al loro interno di salgemma e minerali argillosi particolarmente soggetti a degrado chimico-fisico e meccanico, ha determinato un aumento della vulnerabilità statico-strutturale di questi monumenti.

Per la ricostruzione del modello di sottosuolo, a supporto della progettazione di lavori di restauro conservativo e messa in sicurezza, sono state impiegate anche indagini geofisiche, in particolar modo il metodo ERT (acronimo dell’inglese “Electrical Resistivity Tomography”) che restituisce informazioni indirette sull’assetto sepolto dei terreni attraverso elaborazione di misure di resistività (resistenza  del terreno investigato al passaggio della corrente elettrica indotta artificialmente durante la prova) sotto forma di modelli 2D o 3D.

Tra i siti indagati è risultato particolarmente significativo il risultato ottenuto mediante impiego di tomografie elettriche lungo il pendio posto ai piedi della struttura identificata come Torre 4, ubicata lungo il margine occidentale della cittadella.

Come è possibile osservare in foto,  al momento dell’intervento di ISPRA la torre si presentava già in un cattivo stato di conservazione; risulta ben visibile lo stato di danneggiamento della porzione sommitale della torre sul cui fianco settentrionale è stato effettuato in tempi passati un intervento con gabbionate, realizzato dalle autorità locali nel tentativo di stabilizzare la struttura.

L’area di intervento è in forte pendenza, caratterizzata in superficie da presenza di depositi eterogenei a grana grossolana, e da sporadici affioramenti della roccia di base fortemente fratturata. La linea di misura è stata realizzata utilizzando 24 elettrodi distanziati di 3 metri, per una lunghezza totale del profilo di circa 69 metri.

Il profilo è stato eseguito trasversalmente rispetto al ripido pendio, seguendo approssimativamente un piccolo percorso sterrato. L’obiettivo dell’indagine, oltre quello di contribuire alla ricostruzione delle geometrie sepolte, è stato quello di accertare la possibile presenza di un settore di faglia la cui presenza in questo settore viene segnalata sulle carte geologiche esistenti e mette in contatto unità del substrato a differente litologia e comportamento geotecnico. 

Il profilo ERT si è rivelato utile per delineare alcune caratteristiche dei terreni in termini di resistività, consentendo di distinguere la coltre di depositi sciolti in estensione e spessore lungo il profilo, inoltre ha permesso una stima dello spessore di alterazione superficiale della roccia affiorante nella seconda parte del profilo (dopo i primi 35 metri di lunghezza circa).

In prossimità del settore centrale del modello ERT si viene a definire una significativa variazione dei valori di resistività (da alcune decine fino a 500 Ωm) con uno netto gradiente.  La geometria poco profonda di questo contatto e il netto contrasto di valori di resistività hanno consentito di identificare la presenza di una discontinuità strutturale (faglia) che interesserebbe il sottosuolo indagato.

Le zone superficiali ad alta resistività (sopra i 200 Ωm) per i primi 24 metri circa da inizio profilo corrispondono a un deposito superficiale sciolto, grossolano e arido, che poggia sul substrato geologico locale, corrispondente ad un litotipo calcareo. In corrispondenza del settore di faglia, questa formazione risulta altamente articolata/fratturata, con un aumento della porosità secondaria e un potenziale weathering che ne ha ridotto sensibilmente i valori di resistività.

Per fornire una valutazione sullo stato di conservazione dei manufatti a Torre presenti lungo il perimetro della cittadella di Karak sono state impiegate misure geofisiche di tipo sismico “passivo” mediante utilizzo di sensori di registrazione del moto sismico (velocimetri a tre componenti, 3C) posizionati a varie altezze lungo la struttura in elevazione.

Il metodo di analisi si basa sulla registrazione del moto indotto sulle strutture dalle vibrazioni ambientali (micro-tremori dovuti al traffico di auto, ad attività industriali e antropiche) che simulano l’effetto di input sismici a bassa energia. I segnali vengono quindi analizzati in termini di ampiezza, persistenza nel tempo e direzionalità rispetto agli elementi strutturali, considerando quindi le diverse ampiezze dell’energia registrata lungo le componenti orizzontali (NS ed EW) e quella verticale (in quanto non solo le componenti orizzontali vengono eccitate.

Sulla base delle analisi condotte con questo metodo, è stato possibile fornire un quadro conoscitivo sufficientemente esauriente per tutte le torri analizzate, a supporto degli interventi di restauro conservativo che si stanno realizzando a Karak e per i futuri interventi di consolidamento strutturale.

Il Dipartimento Servizio Geologico d’Italia coopera dal 2009 con il Dipartimento delle Antichità della Giordania (DOA) per la tutela dei Beni Culturali soggetti a pericolosità geologiche quali i siti UNESCO di Petra ed Umm ar-Rasas e di numerosi altri siti archeologici quali il Castello Crociato e le mura della cittadella di Karak, Jerash, Bayt Ras, Dhiban.

Ultimo aggiornamento

9 Maggio 2025, 17:53